(di SusannaBonati)

Annosa discussione quella che verte sugli acquisti ad impulso; ma proprio perché annosa, sempre estremamente attuale. E noi… sguazziamo nell’attualità.
Allora da dove cominciamo? Dal fatto che, in effetti, nell’acquisto ad impulso può rientrarci anche la vino-categoria, alla grande? Beh, ma è un dato di fatto! Avete presente quando, di fronte ad uno scaffale stracolmo di vini pregiati, meno e molto meno, l’occhio viene in qualche modo rapito da una forma e da un colore che suscita una specie di raptus su cui non riuscite ad avere controllo? Non apriamo la parentesi graffa della scelta dell’intenditore di vini che dell’etichetta, francamente, un po’ se ne fa un baffo; parliamo di chi, non sapendo, pur con infarinature di conoscenze, si fa rapire da etichette e spaghi; da bottiglie sinuose o severe. E di nuovo, e sempre, cerchiamo quello che più ci piace, che più ci rispecchia, in qualche modo, o vorremmo lo facesse.
Se è vero che un tempo le wine labels un pochino si assomigliavano tutte, oggi ci sono specializzazioni proprio nel design delle etichette da vino, tanto la necessità di emergere e caratterizzarsi si è fatta evidente. In alcuni casi (come sempre accade) il design cerca di supplire ad una carenza di qualità intrinseca del prodotto, in altri diventa suggello di un insieme sublime, raffinato, elegante, giovane, spiritoso, elitario, unico, internazionale… Ad ogni vino la sua etichetta; ad ogni gusto il proprio vessillo. Verrebbe proprio da dire così.
Perché se è vero che l’abito non fa il monaco e l’etichetta non fa il vino, dato il poco tempo che si ha voglia di dedicare alla conoscenza, la prima impressione, gioca sempre un ruolo importante.

No?

(FONTE: http://www.comunicandoweb.com/)

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