Altro che intili distrazioni, i social business rappresentano la chiave per un’ impresa collaborativa
Al contrario di quelli che molti pensano, i più popolari social network, tra cui Facebook, Skype, Youtube, non sarebbero delle fonti di distrazione all’interno dell’azienda, diventando invece, se usati nella giusta maniera, degli strumenti che stanno rivoluzionando in positivo le relazioni tra colleghi e tra aziende, favorendo la collaborazione e la trasparenza.
Sebbene nel nostro Paese non si è ancora capito a fondo l’importanza strategiche di queste piattaforme, sembra che si stiano lentamente muovendo i primi passi verso questa direzione.
E’ quanto emerge da un’indagine che verrà presentata il 24 maggio a Milano, in occasione del Weconomy Day, organizzato da Logotel e dal Centro Formazione Management del Terziario (CFMT), dove interverranno autorevoli voci del settore che spiegheranno l’importanza di un approccio 2.0.
Altro che distrazioni inutili insomma, i social business grazie alla condivisione di informazioni, notizie e considerazioni, possono anche contribuire all’emersione dei talenti all’interno delle realtà aziendali. “Dal basso, dal bordo, il web 2.0, i social network, la generazione digitale stanno facilitando e imponendo nuove pratiche”, scrive Giuliano Favini, amministratore delegato di Logotel, nella prefazione di Weconomy, di Isaac Mao, il libro che teorizza questa evoluzione della struttura delle imprese, tendenza che è stata consacrata col termine “sharismo”.
Secondo quanto è emerso dall’analisi, realizzata dal CFMT, che ha posto sotto osservazione un campione di 1000 imprese dei servizi e del commercio, il 20% delle aziende italiane del terziario utilizza le piattaforme di social network, tracciando un percorso sempre più nitido con percentuali destinate a crescere rapidamente.
La più utilizzata in azienda è Skype (48%), seguita da Linkedin (36,8%), Facebook (29,8%), Youtube (26,4%), e infine dalle piattaforme wiki (19%) e dai blog (17,3%).
Tuttavia, per ottenere i risultati tanto agognati è necessario seguire alcune regole.
Secondo quanto risposto da molti manager infatti è indespensabile: “raccontare chiaramente la promessa della piattaforma ai partecipanti” (69%), “garantire una radicale trasparenza sulle decisioni chiave e sui financial metrics” (58,8%) e “creare o eleggere una community governance board, così da orientare e revisionare le principali decisioni politiche e strategiche (45,9%).
Co-operation e co-worging rappresentano i cardini dell’impresa collaborativa, un’impresa insomma orientata verso l’economia del futuro.
(FONTE:http://www.pubblicitaitalia.it/)